
19 Luglio 2024
Il compenso è direttamente legato allo Stato dove l’attività è stata svolta, in quanto prodotto in tale Stato. Nel caso in cui non esista una correlazione diretta, vale il criterio temporale.
Immagine generica illustrativa
La tassazione degli artisti e degli sportivi presenta caratteristiche peculiari in ambito internazionale, anche se tali soggetti sono legati a squadre di appartenenza da contratti di lavoro dipendente. Infatti, in deroga all’articolo 15 del modello OCSE (che disciplina i “redditi da lavoro dipendente”), questi redditi possono essere tassati anche nello Stato in cui le performance sono svolte, indipendentemente dalle disposizioni dell’articolo 15 e dell’articolo 7 del modello OCSE (che riguarda i “Redditi di impresa”).
Lo Stato in cui viene svolta l’attività sportiva può tassare il reddito dello sportivo non residente anche se questi non vi permane per almeno 183 giorni, se dipendente, o non ha in loco una stabile organizzazione o base fissa, se autonomo. Il collegamento richiesto (nexus) è dato dalla performance svolta in quel territorio e non dalla permanenza nello Stato per almeno 183 giorni (nexus articolo 15 OCSE) o dalla presenza di una base fissa (nexus articolo 7 OCSE). Tali redditi, per essere tassati, devono rappresentare base imponibile nello Stato della fonte (Stato dove viene svolta la performance).
In Italia, il requisito è soddisfatto in quanto l’articolo 23 comma 1 lettere c) e d) del TUIR prevede la tassazione dei redditi di lavoro dipendente e autonomo percepiti dai non residenti per attività prestate in Italia.
L’Italia ha recepito nelle proprie convenzioni anche l’articolo 17, paragrafo 2 del modello OCSE, che consente la tassazione del reddito anche nell’altro Stato, indipendentemente dalla durata della permanenza o dalla presenza di una S.O. o base fissa, se il reddito è attribuito a un’altra persona (fisica o giuridica), come un manager, una squadra di appartenenza, una star company, ecc. Tale norma è trasposta, nelle disposizioni interne, nell’articolo 23 comma 2 lettera d) del TUIR, che tassa i compensi conseguiti da società ed enti non residenti per prestazioni artistiche o professionali effettuate per loro conto in Italia.
Un problema tipico nella gestione fiscale di queste situazioni è legato all’attività svolta in più Stati, come nei Gran Premi di Formula 1, nei tornei tennistici o nelle competizioni calcistiche di Champions League o Europa League. Il Commentario all’articolo 17 del modello OCSE, paragrafo 9.2, afferma che:
- Se il compenso è direttamente legato allo Stato dove la performance è stata svolta, si considera prodotto in tale Stato.
- Se non esiste una correlazione diretta, vale il criterio temporale.
Il Commentario esemplifica il principio riferendosi agli artisti, chiarendo che se un cantante riceve per una tournée un compenso fisso e il 5% dei ricavi del botteghino per ciascun concerto, il primo importo è ripartito tra i vari Stati in base al numero di concerti svolti, mentre il secondo è imputato in base a quanto percepito.
Interessante, sotto questo aspetto, è la risposta dell’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 79 del 16 giugno 2006, che chiarisce che i compensi erogati da una squadra italiana a ciclisti professionisti tedeschi non sono imponibili in Italia se relativi a corse ciclistiche effettuate all’estero.
La risposta spiega che “l’art. 17 della Convenzione Italia-Germania attribuisce al paese della fonte la potestà impositiva concorrente sui soli redditi derivanti da prestazioni rese nel territorio dello Stato, senza rilevanza della residenza del soggetto che corrisponde il compenso. L’elemento che radica il reddito in esame al territorio dello Stato secondo la Convenzione è il luogo di svolgimento delle specifiche prestazioni personali dell’artista o dello sportivo e non l’intera attività sportiva o artistica ovunque svolta dal non residente. Ne consegue che per i redditi imputabili a giornate di gara svolte fuori dall’Italia non sussiste il potere impositivo dello Stato, ai sensi dell’articolo 17 della Convenzione, né sono applicabili le regole di diritto interno di fronte a specifiche disposizioni convenzionali. In presenza di un contratto che regola unitariamente il rapporto di lavoro tra una società residente e uno sportivo non residente, è possibile ripartire il compenso contrattuale in relazione alle giornate di gara (tappe ciclistiche) svolte in Italia e quelle svolte all’estero.”
In questo caso, quindi, è stato ritenuto corretto assoggettare alla ritenuta prevista dall’art. 24 comma 1-ter del DPR 600/73 (rapporti di collaborazione coordinata e continuativa) la sola quota parte relativa alle giornate di gara svolte in Italia (cosiddetta “duty days formula”).
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